In un Italia ormai in ginocchio, sia dal punto di vista sanitario che sul piano economico, a causa del Coronavirus, c’è un ulteriore pericolo che, silenziosamente, rischia di profilarsi: l’aumento degli episodi di violenza domestica. Spesso infatti è proprio tra le mura domestiche che la violenza esplode.
Ebbene, considerata la frequenza con cui tali episodi si realizzano, è chiaro che le misure di contenimento della pandemia adottate dal Governo, che vietano l’uscita di casa, possono risultare intollerabili per tutte le donne che sono vittime di violenza.
Proprio per tale ragione, avvertendo il rischio di un “emergenza nell’emergenza”, Il Ministero dell’Interno, con la circolare del 27 marzo, ha ribadito che, anche e soprattutto nel periodo emergenziale in corso, le forze dell’ordine continueranno ad assicurare quotidianamente tutti gli interventi necessari per le persone che subiscono violenza.
La violenza domestica può assumere diverse forme, ricomprendendo, oltre alla violenza fisica e sessuale, anche la violenza psicologica (integrata ad esempio da insulti, denigrazione, manie di controllo, stalking e mobbing familiare) o economica (che si realizza qualora il coniuge impedisca al partner di realizzarsi lavorativamente o non le dia denaro).
Considerata dunque la gravità di tali condotte è stato introdotto, dalla L. 69/2019, C.d. Codice Rosso, una “corsia preferenziale” per porre fine, nel minor tempo possibile, alla condotta pregiudizievole. Difatti, nel caso pervenga una notizia di reato relativa a delitti di violenza domestica la Polizia Giudiziaria ne riferisce immediatamente al Pubblico Ministero; quest’ultimo, entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato il reato.
È chiaro dunque che la volontà del legislatore sia quella di intervenire nel più breve tempo possibile in caso di maltrattamenti domestici.
Ma, se ciò non bastasse, per assicurare alle vittime una tutela tempestiva ed efficace, il legislatore ha predisposto la possibilità per il Giudice di adottare, in via cautelare, nelle more del procedimento penale, l’ordine di allontanamento dalla casa familiare (previsto dall’art. 282bis CPP). Con tale provvedimento il Giudice prescrive di “lasciare immediatamente la casa familiare”,ma può altresì imporre l’ordine di non avvicinarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa(come il luogo di lavoro o il domicilio della famiglia d’origine) e ordinare il pagamento di un assegno periodicoin favore di quelli che erano i suoi conviventi.
In aggiunta all’ordine di allontanamento disposto dal Giudice, l’articolo 384bis CPP prevede, in casi particolarmente gravi, che la misura di allontanamento dalla casa familiare possa essere adottata, in via urgente, anche dalla Polizia Giudiziaria,previa autorizzazione del Pubblico Ministero. Ciò potrà avvenire solo qualora l’aggressore sia colto in fragranza di reato o vi siano fondati motivi che tali condotte criminose possano essere reiterate.
Il mancato rispetto degli ordini di allontanamento costituisce reato (ai sensi dell’art. 387bis CPP), per il quale è prevista la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni. Quindi, colui che viola l’ordine di allontanamento rischia, non solo di veder aumentata la misura cautelare, ma anche l’avvio di un ulteriore procedimento penale a suo carico.
Per quanto attiene infine alla pena prevista per il reato di maltrattamenti in famiglia, essa consiste nella reclusione da 3 a 7 anni (aumentata in presenza di aggravanti).
Durante questa pandemia, anche a Tribunali chiusi, i procedimenti “Codice Rosso” sono stati trattati a distanza, con udienza in streaming; è infatti evidente che sia necessario garantire una massima attenzione per le vittime di dette condotte violente dentro le mura domestiche, la cui tutela non può essere posta in stand-by.
Restano altresì attivi i centri antiviolenzaed è sempre possibile inviare richieste di aiuto immediato contattando il numero 15220 inviando una segnalazione tramite l’APP YOUPOL.