Una delle questioni che è sorta durante questa pandemia è quella relativa all’ipotesi di contagio da Covid19 all’interno del luogo di lavoro.

Difatti, a fronte della riapertura delle aziende, ci si è posti il problema relativo a come affrontare l’eventuale scoperta di un caso di Covid19 tra i dipendenti.

Il contagio crea innegabili problematiche sia a livello organizzativo, in quanto comporta la necessaria chiusura del luogo di lavoro, ma anche con riferimento alla responsabilità del datore di lavoro.

Proprio in merito a tale ultimo aspetto, l’Inail è intervenuta con due circolari, rispettivamente datate 15 e 20 maggio, definendo quale sia la natura del “contagio da Covid19”.

Con tali circolari l’Inail ha chiarito che, anche per la diffusione del Coronavirus, si applicano le linee guida Inail del 74 e del 95, che riguardano il contagio per virus ed evento patogeni.

Tali linee guida qualificano il contagio all’interno del luogo di lavoro come infortunio; pertanto, anche per il caso di contagio da Covid19, la disciplina da applicarsi è la medesima prevista per il caso di infortunio nel luogo di lavoro.

Chiarita dunque la disciplina da applicarsi, restano ora da tracciare i connotati della responsabilità in capo al datore di lavoro in caso di contagio.

In generale, per quanto attiene alla responsabilità civile del datore di lavoro, si applica l’articolo 2087 del Codice Civile.

Ai sensi di tale disposizione “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”.

Tale norma ha dunque una finalità prevenzionistica e funge da fondamento della responsabilità civile in capo al datore di lavoro in caso di infortuni.

La previsione non prevede una responsabilità oggettiva e immediata: essa infatti deve essere provata caso per caso.

In particolare, perché si possa configurare una responsabilità in capo al datore di lavoro, il lavoratore dovrà dimostrare che il contagio è conseguente a un’omissione o una condotta commissiva del datore. A titolo esemplificativo, il lavoratore potrà dunque provare che il datore di lavoro non ha adottato adeguate misure preventive.

Il datore invece, dal canto suo, per evitare il riconoscimento della sua responsabilità dovrà provare di aver posto in essere condotte ed azioni volte ad evitare, per quanto possibile, l’evento lesivo.

Alla luce di quanto detto, dunque, è chiaro che la responsabilità civile in capo al datore di lavoro, in caso di infortunio di un dipendente all’interno del luogo di lavoro, non è automatica.

All’opposto, considerati i connotati della pandemia, la prova del nesso causale tra la condotta del datore e il contagio e tutt’altro che semplice.

Chiariti i connotati della responsabilità civile, si evidenzia che la responsabilità del datore di lavoro può altresì essere di tipo penalistico, nel caso vi siano lesioni o morte del lavoratore (art. 589 e 590 c.p.). Ovviamente nemmeno tale responsabilità è automatica ma richiede, per la sua integrazione, l’accertamento della condotta colposa del datore di lavoro.

Pertanto, alla luce di quanto detto, è evidente che in caso di contagio da Covid19 non è automatico il riconoscimento della responsabilità in capo al datore di lavoro.

Ad ogni buon conto quest’ultimo, per evitare rischi, dovrà comunque porre in essere tutti i comportamenti idonei a eliminare o quantomeno limitare il pericolo di contagio, adattandosi il più possibile alle linee guida settoriali fornite.